#intervistaGLAMOUR2 | Silvia

Giornata mondiale dell’autismo. Due chiacchiere con la psicologa e psicoterapeuta Silvia Cafagna.

Silvia, cos’è l’autismo in parole per noi comuni mortali?

Lo descriverei come un funzionamento atipico della persona, rispetto ai parametri della nostra società. E’ molto vario, non c’è una persona appartenente allo spettro uguale all’altra e – gli ultimi report – evidenziano una percentuale molto alta di autismo all’interno della popolazione mondiale.

Com’è nata la passione per questo lavoro e come ti sei avvicinata al mondo dell’autismo?

Sia il fatto di fare la psicologa, sia l’avvicinamento al mondo dell’autismo, sono arrivati grazie a un’esperienza di lavoro come istruttrice di nuoto durante il periodo del liceo.

Mi sono trovata a confrontarmi con una bambina di otto anni che aveva subito un trauma al mare. La conseguenza di questo trauma era parecchio impegnativa, in quanto la madre non riusciva nemmeno a farle fare il bagno a casa. Io stavo con lei durante tutta la lezione negli spogliatoi (inizialmente) e prendevo confidenza con il suo mondo e le sue paure. Un giorno non ho potuto starle vicino perché avevano bisogno di me in vasca. La bambina mi ha seguita volentieri e l’ho coinvolta come mia aiutante. Poco tempo dopo io dovevo entrare in vasca con gli altri bambini e la mia “piccola paziente” si è seduta sul bordo lasciando che l’acqua le bagnasse la gambine. Un ulteriore step è stato quello, ancora dopo, di voler entrare in acqua con me. Tempo due lezioni e la bambina galleggiava e sorrideva. Prima di andare al mare con i nonni mi ha portato una rosa bianca e mi ha ringraziata. Da lì ho capito che potevo aiutare gli altri e che quello della psicologa sarebbe stato il mio lavoro. Tempo dopo una mamma con un bambino con sindrome autistica mi ha vista lavorare in piscina, ha preso informazioni su di me e mi ha contattata per chiedermi di entrare nel team operativo per trattare il figlio seguendo il metodo ABA (analisi del comportamento applicata). Questo accadeva circa dieci anni fa e da lì, parallelamente alla formazione da psicologa, è iniziata la formazione rispetto all’analisi del comportamento che sta per terminare con un master di secondo livello.

Che cosa ha di speciale un bambino autistico?

All’occhio di un non esperto sono come delle scatoline chiuse, che sembrano non provare emozioni. Quando si riesce a trovare la chiave per aprire la loro “scatola” hanno un mondo dentro infinitamente ricco e molto intenso, sono persone affettuose e con qualità meravigliose, ma nascoste.

Come si riconosce l’autismo in un bambino e che consiglio daresti a una mamma che si rende conto di questo stato?

É una domanda difficile, perché la manifestazione dell’autismo è molto varia, sia come qualità di sintomi che come manifestazioni. Difficile che una madre si possa rendere conto, in molti casi, di questo stato. Spesso sono le maestre dell’asilo e della scuola a segnalare certi comportamenti che richiedono attenzione medica, proprio perché più esperte nel riconoscere tali comportamenti.

I sintomi più significativi sono la totale assenza o un utilizzo non funzionale del linguaggio, autostimolazioni motorie, uditive, visive e vocali (sfarfallii, saltelli, battiti di mani, osservazione degli oggetti da vicino e da diverse prospettive ecc), comportamenti ripetitivi (ad esempio mettere in fila gli oggetti ripetutamente), assenza di contatto oculare e interazione sociale (ad esempio nel gioco), ipersensibilità a rumori, luci, suoni e gusto.

Il mio consiglio è quello di recarsi da un pediatra per accedere a una valutazione presso la neuropsichiatria infantile di zona, che avvia un processo valutativo diagnostico per individuare eventuali difficoltà. Le strutture ci sono, ma bisogna rivolgersi a specialisti.

Dall’autismo si guarisce?

Ci sono casi in letteratura che presentano, a seguito di un trattamento precoce e intensivo, un’uscita dai parametri diagnostici di appartenenza allo spettro. Di fatto questi soggetti conducono una vita regolare e autonoma, pur mantenendo le caratteristiche funzionali dello spettro.

Poi ci sono altri soggetti che, grazie a un trattamento precoce e intensivo, migliorano notevolmente la qualità della loro vita e dalla loro famiglia, pur mantenendo delle difficoltà di adattamento all’ambiente e come percorso di crescita.

Bisogna stare molto attenti a chi ci si rivolge per il trattamento, perché il problema attuale è che le diagnosi sono molte, le persone specializzate sono poche e quindi la richiesta di mercato fa sì che ci siano tante persone che si “spaccino” come esperte, ma che non lo sono. Consiglio di verificare sempre bene le persone a cui ci si rivolge, per ottenere il miglior risultato possibile.

Cosa ti piace di questo lavoro?

E’ un lavoro tosto, a volte emotivamente impegnativo, però la gioia di riuscire ad entrare in relazione con questi bambini – per poi aiutarli a loro volta ad entrare in relazione con adulti o pari – è una gioia impagabile. Io mi sento ripagata di tutti gli sforzi e mi emoziono ogni volta. E’ un trattamento molto scientifico dove bisogna tener presenti teoria, procedure, dati e analisi dei dati, ma allo stesso tempo è un lavoro estremamente pratico in cui sei su un tappeto a interagire con il bambino e a giocarci insieme…bellissimo!

Ti conosco da tanti anni e so che sei una persona con un’anima dall’allure glamour. Ti ci senti?

Io credo di avere come dote personale il fatto di entrare in relazione facilmente con i bambini in generale. E se l’allure glamour è anche lo stare bene con se stessi, io posso affermare di essere fortunata, perché ho trovato il lavoro adatto a me e al mio carattere. Un signore anziano un giorno mi ha definita un unicorno, proprio perché mi ha vista interagire in acqua con i miei “piccoli pazienti” e trovare la giusta sinergia con loro. Ebbene sì, mi sento glamour per questo. E per sentirmi glamour anche fuori mi basta venirti a trovare e stare un po’ assieme.

Hai dei programmi per il futuro?

Sì, vorrei realizzare un progetto e vorrei trovare i fondi per portarlo a compimento. Il mio sogno è quello di creare, all’interno dell’asilo in cui lavoro, un progetto sperimentale in cui bambini con autismo ricevono trattamenti ABA individuali e specializzati all’interno della scuola – forniti da operatori formati – e intorno viene creato un progetto volto ad apprendere le competenze di autonomia e a scardinare gli schemi e le rigidità. Inoltre, grazie al sostegno di insegnanti e compagni a sviluppo regolare, viene creato attorno ai pazienti un contesto che sviluppa le competenze sociali, favorendo l’inserimento nella comunità. Il mio progetto pilota ha dimostrato, oltre alle tante ricerche in merito, che per i bambini a sviluppo regolare l’interazione con la disabilità non è un rallentamento o uno svantaggio, bensì un’opportunità di crescita cognitiva, linguistica, emotiva e sociale. I bambini a sviluppo regolare, se guidati adeguatamente, sono degli ottimi “terapeuti”, capaci in maniera naturale e spontanea di generalizzare e variare gli apprendimenti di questi bambini, giovando loro stessi di queste relazioni.

Silvia vive in provincia di Como, lontano da me, ma è una delle persone più care che ruotano attorno al mio mondo. Non posso che farle il mio personale in bocca al lupo, nella speranza che possa realizzare questo suo sogno decisamente glamour.