#intervistaGLAMOUR12 | Giorgia – Emmegi

Giorgia è una affascinante donna di Legnago che, in un mondo di uomini, gestisce l’azienda di famiglia – Emmegi (clicca qui per scoprire l’azienda) – impegnata da oltre 35 anni nella proposta di grandi impianti, attrezzature e articoli per la ristorazione di qualità, occupandosi di progettazione, vendita e assistenza post-vendita. Curiosa, buona, sa ascoltare e non è mai prevenuta, a tratti fragile ma risoluta, solare e con un piano B (e C) sempre nel taschino, affronta la vita con fame di sapere, la giusta leggerezza e si divide tra lavoro, casa e figlie, riuscendo anche a ritagliarsi i momenti che ogni donna dovrebbe riservare per sé. Giorgia è come un cocktail glamour preparato con un blend di professionalità e solarità difficili da trovare in una persona sola.

Giorgia, come descriveresti il tuo mondo?

Il mio mondo personale è caotico come quello lavorativo e spesso mi trovo schiacciata da entrambi, ma mi piace perché non riuscirei mai a rinunciare alla mia frenesia, ai miei impegni e alle mille cose da fare e organizzare. Il mondo personale si fonde con la sfera lavorativa e viceversa e, proprio per questo, non mi si sentirà mai benedire l’arrivo del venerdì per concentrarsi sulla calma del weekend o, ancora, non mi si sentirà mai essere disperata la domenica sera perché incombe la nuova settimana. Sono nata e cresciuta in una realtà dove la mia famiglia ha sempre portato avanti una propria attività, quella che svolgo io ora, e per questo mi sono sempre trovata a gestire lavoro, famiglia e vita privata in un tutt’uno.

Prima di tutto, in ogni caso, sono una mamma di due ragazze che ho desiderato tanto e sono arrivate nei momenti giusti della mia vita (fortuna? Forse sì, e se sì, sono grata alla fortuna). Sono una mamma con la testa fra le nuvole, ma sono anche molto organizzata. Qualche volta mi è capitato di sentirmi inadeguata, come tutte le mamme, però poi mi faccio forza del fatto che le mie ragazze contano su di me, mi prendono come punto di riferimento e tanto basta a farmi sentire a mio agio in questo ruolo.

La sfera lavorativa che frequento mi piace un sacco e non mi vedrei a fare altro nella vita, mi piace il mondo della ristorazione, del food and beverage, mi piace confrontarmi sia con chi è nuovo del settore – per i quali mi sento un po’ una mamma, mi piace poterli guidare e diventare un punto di riferimento – che con chi ha esperienza – dai quali raccolgo sempre volentieri feedback, confronti e cultura in campo professionale.

Quando e come hai iniziato a fare questo lavoro?

Sono nata nel mondo delle cucine professionali perché, dopo scuola, mi recavo in ufficio da mio papà e stavo là con lui. Ho respirato questa aria professionale da sempre, facendo miei fin da subito i termini tecnici propri settore. Poi, durante una crisi al secondo anno di economia aziendale, ero sotto la doccia e decisi di smettere di studiare. I miei genitori mi hanno offerto, a quel punto, di prendermi un momento di pausa e di investire il mio tempo in ufficio con loro a dare una mano. Lavoravo, poi la sera studiavo ed era dura. Stavo perdendo contatto con il mondo, con le amicizie, con tutto. Dovevo scegliere, ero ad un bivio e ho scelto di restare nel mondo delle attrezzature per la ristorazione che amavo, conoscevo già bene e amo ancora oggi.

Cosa ti da la carica e cosa fai per trovare ispirazioni?

Parto dalla fine perché amo questo concetto: io cerco ispirazione nelle persone, anche quelle che sono al di fuori della sfera lavorativa. Mi affascinano le persone che raggiungono il successo –  e non intendo quello economico –  quelle persone che riescono a seguire i propri sogni e a raggiungere i propri obbiettivi, perseguendoli senza “mollare la presa” o senza farsi influenzare da fattori esterni. Da loro ricevo ispirazione e carica al contempo. La carica la prendo anche da me stessa, sono una donna sportiva che si alza alle sette della mattina per svolgere un allenamento personalizzato – non tutte le mattine eh…qualche volta rimango a letto volentieri o fuggo via per appuntamenti importanti. Ho scelto un allenamento personalizzato perché credo fermamente che nel campo della ristorazione professionale, come in quello sportivo e in tantissimi altri, un servizio personalizzato come quello che do io, sia la chiave vincente per arrivare a soddisfare a pieno le esigenze del cliente.

Quando mi trovo davanti a realtà del campo della ristorazione che funzionano, che mi interpellano per trovare altri stimoli, io da lì prendo la carica, così come quando incontro realtà che hanno una problematica e io posso risolverla: vengo assalita da una bella frenesia e attingo a tutte le mie risorse, sia di know-how che di entourage di collaboratori, per arrivare ad aiutare al meglio chi ha bisogno di me. Non mi risparmio mai.

Che consiglio daresti alla Giorgia del futuro che si approccia a un mestiere come il tuo oggi?

Il mio è un settore prettamente maschile e questo lo affermo con dati alla mano. Di sicuro direi alla Giorgia del futuro di non voler somigliare a un uomo per farsi strada, ma di puntare sulle predisposizioni e le abilità che ha come donna e utilizzare proprio quelle per farsi spazio nel mercato e per emergere.

Come ti vedi tra 10 anni come donna e come operatrice del settore?

Con una terza di reggiseno (ride ndr) perché vuol dire che ho guadagnato a sufficienza per fare un piccolo intervento che tanto sogno. Battute a parte, mi vedo come una figura professionale riconosciuta nel settore non solo nel veronese. Mi vedo anche ad aiutare le donne del settore ad emergere…diciamo che ti sto svelando parte del mio progetto del prossimo futuro, dovremo ri- aggiornarci a breve perché ho un bell’asso nella manica da giocarmi. E’ un momento di transizione positiva il mio. Come donna invece mi vedo ancora in forma, sempre legata alla mia famiglia e alle mie figlie, dando spazio a loro e prendendomi i miei spazi. Quello che mi auguro è di conservare la voglia di fare e l’entusiasmo attuali.

Se tu avessi a disposizione la famosa lampada di Aladino con i famosi tre desideri…cosa chiederesti?

  1. Di realizzare il progetto lavorativo che avevo nella mia testa da un anno e mezzo e, per il quale, si stanno creando le condizioni giuste per essere messo nero su bianco: fornire consulenza e formazione al settore dell’ho.re.ca / food and beverage, ovvero andare ad aiutare i ristoratori in tutte quelle che sono le aree di criticità dal layout della cucine, alle attrezzattura più idonee per lavorare meglio, in sicurezza e guadagnare di più in termini di tempo e denaro; intervenire sul marketing e sulla comunicazione con specialisti selezionati che abbiano dimestichezza con questo settore; formazione del personale di cucina e motivazione del personale di sala che si trova poi a proporre i prodotti della cucina stessa ecc…un progetto ampio e articolato che, come dicevo, si sta definendo.
  2. Riuscire a delegare, perché vuol dire aver costruito un bel team di collaboratori che, in mia assenza, va avanti senza costante bisogno del mio intervento. Questo si tradurrebbe nella possibilità di concedermi qualche spazio in più per me, in tranquillità, per qualche viaggio nel Mondo con le persone a me care.
  3. Continuare a star bene con me stessa vedendo le mie figlie realizzate, che possano fare quello che desiderano davvero. Voglio essere un’imprenditrice per me stessa e non per tramandare alla generazione futura a tutti i costi. La libertà di scelta è un valore immenso che non vorrei mai negare alle mie ragazze.

 C’è una cosa del passato che non rifaresti più o qualcosa che rifaresti altre cento volte senza pensarci?

Sicuramente ho il rammarico di non aver terminato l’università, anche se forse, ad oggi, avrei scelto un indirizzo di studi un po’ diverso e, altra cosa, di non aver fatto altre esperienze lavorative prima di intraprendere la mia carriera. Rifarei però, in buona sostanza, tutto quello che ho fatto, perché le scelte personali e lavorative mi hanno portata fino qui e sono soddisfatta di Giorgia oggi. La pandemia è servita per aprirmi gli occhi sui progetti futuri, ho studiato tanto. Poi siamo, per fortuna, tornati a una quasi normalità e lì ho ritrovato la Giorgia che rivorrei facesse questo percorso altre cento volte: la Giorgia amica, che si è costruita una rete di affetti anche esterni alla famiglia, importanti e ben saldi, credo molto nell’amicizia e nei valori ad essa connessi. Nel percorso di una vita ho capito che è importante circondarsi di persone positive, perché positività chiama positività. Allontanare le persone negative, o meglio quelle non pronte a percepire la mia positività è diventato un bel mantra per rimanere in equilibrio sempre, il più possibile, in famiglia e fuori.

Per concludere: cosa significa GLAMOUR per te? Va a braccetto con qualche altra parola. Si può intersecare nel tuo settore?

Chic va a braccetto con GLAMOUR…ognuno ha il suo glamour, perché glamour secondo me è uno stato d’essere e di porsi con una propria identità personale ben “attrezzata”, per rimanere nel gergo della mia sfera lavorativa. Con il mondo della ristorazione GLAMOUR centra tantissimo. Io, con il mio progetto, mi sono prefissata anche di provare ad alzare un po’ l’asticella GLAMOUR nelle location della ristorazione: molte sono già particolarmente attente a questi dettagli, le più strutturate. Io vorrei rendere un po’ più POP questo elemento caratterizzante per far in modo che molti più ristoratori riescano, anche attraverso il glamour (che si traduce in dettagli, innovazione, ricerca) a far vivere l’”esperienza” al cliente.

Io spero di essere una consulente glamour per il mio settore, o per lo meno di guadagnarmi ancor di più questo state of mind con il mio nuovo progetto.

Ringrazio Giorgia per avermi concesso questa intervista profonda, curata, da me molto desiderata come ripartenza per il format #INTERVISTAGLAMOUR, dopo la pausa pandemia. Un’imprenditrice che vede il cocktail mezzo pieno, servito in modo glamour da mani professionali. Buona fortuna per il tuo progetto cara Gio.